di Paola Casella
iodonna.it – 7 Novembre 2021
Dall’8 al 10 novembre uscirà al cinema (e poi su Rai1) il film che vede l’attrice indossare le scarpette della celebre étoile. Come si è preparata in tempi di Covid? Ha preso lezioni via Zoom con un’insegnante a Londra. Esercitandosi su un’asse da stiro. E ha imparato una lezione: la perfezione, forse, non esiste.
Suscitano immediata simpatia la grazia naturale e il suo sorriso luminoso: caratteristiche che l’hanno resa un volto familiare nel ruolo di Eva nella sitcom I Cesaroni e di Alice nella serie L’allieva. Ma è anche una delle poche attrici italiane ad avere una carriera internazionale, che spazia da To Rome With Love di Woody Allen a Life di Anton Corbjin alle serie Titanic, Master of None e I Medici. A 35 anni Alessandra Mastronardi si ritrova nel mezzo del cammin della sua vita e attraversa un momento di transizione: la lunga storia con il compagno, l’attore scozzese Ross McCall, è finita prima dell’estate scorsa, e ora ha davanti la scelta di come dare forma al suo futuro personale e professionale.
Alessandra Mastronardi è Carla Fracci
Il primo ruolo a mostrarcela oggi è quello della leggendaria ballerina Carla Fracci nel film Carla, al cinema dall’8 al 10 novembre e in seguito in onda su Rai1. Ed è con rispetto reverenziale che Alessandra parla di quella che lei chiama “la signora Fracci”. Eppure è stata la stessa prima ballerina assoluta, come l’ha definita il New York Times, a volere proprio lei per interpretare il suo ruolo, così come ha raccontato nell’autobiografia Passo dopo passo – La mia storia. « Quando mi hanno comunicato che aveva scelto me ho provato un brivido lungo la schiena e la mia prima domanda è stata: »Siamo sicuri che vado bene?». In seguito non facevo che ripetermi: «Spero di piacerle, spero sia orgogliosa di questo film».
«Ho studiato su Zoom»
Come si è preparata a interpretarla?
Durante la pandemia il progetto è slittato più volte e la mia insegnante, Paola Lizza, mi ha dato lezioni di danza classica su Zoom da Londra mentre giravo un film a Budapest: attaccata a una sedia o all’asse da stiro facevo finta che fossero la mia sbarra! Ovviamente poi per i balletti più complicati ho avuto una controfigura, l’étoile dell’Opera di Roma, Susanna Salvi. La prima volta che ho parlato su Zoom con la signora Fracci le ho fatto mille domande: ricordo che il regista, Emanuele Imbucci, gesticolava per dirmi: «Meno, meno!». Avevo un’ansia da prestazione incredibile, e ce l’ho tutt’ora. Volevo che fosse fiera del messaggio che stavamo mandando attraverso la sua storia.
Ovvero?
Un messaggio di forza e di coraggio, perché i sogni non si realizzano come nelle favole, non basta crederci, devi lavorare sodo, come ha sempre fatto questa straordinaria danzatrice: la sua era una disciplina fisica e psicologica, che metteva in pratica tutti i giorni con rigore e semplicità, perché era la sua passione autentica. Sapeva che per ottenere quello che voleva doveva soffrire, anche fisicamente: sacrifici che oggi molti non sanno più cosa siano e che invece ti aiutano a non dare nulla per scontato nella vita.
«Ho fatto mille domande a Carla Fracci»
Un messaggio che ha anche a che fare con il momento difficile in cui avete girato?
La forza è stata un filo conduttore durante le riprese perché abbiamo incontrato moltissime difficoltà dovute al Covid, e ci siamo uniti nel portare a termine questo progetto per comunica re un annuncio di rinascita, di quel li che ad esso servono come il pane. Carla racconta la determinazione di un’eccellenza italiana che partendo dal nulla è diventata un esempio per tutti, una del le colonne internazionali del balletto classico. Lei raccontava spesso di essere cresciuta tra le galline, per ché viveva in campagna, e che per caso una signora disse ai suoi genitori: «Vostra figlia ha ritmo, dovreste provare a portarla alla Scala».
Anche lei è stata scoperta per caso…
È vero, da ragazzina un agente mi ha fermata per strada e ha detto ai miei genitori: «Dovreste scommettere sul suo futuro, perché ha del potenziale». Nessuno della mia famiglia veniva dal mondo dello spettacolo. Mio padre è psicologo psicoterapeuta, mia madre dirige una scuola di formazione universitaria, e quando ho iniziato è stato difficile far accettare loro che io potessi fare qualcosa di più artistico e meno accademico. Non ho frequentato nessuna scuola di recitazione, ho imparato sul campo, dai registi e dai colleghi. Sono cresciuta sotto i riflettori: i miei errori li ho sempre fatti davanti a tutti.
Oggi molti ragazzi hanno paura di sbagliare in pubblico, data la visibilità dei social.
Invece sbagliare è assolutamente umano e l’accettazione della propria fallibilità è il primo passo verso la cura, come dice sempre mio padre. Purtroppo quello che siamo abituati a condividere sui social è una finta perfezione, e siamo anche noi, personaggi dello spettacolo, ad aver abituato i ragazzi ad assistere ad esempi apparentemente perfetti. Ma la perfezione non esiste: si cade, ci si fa male, ci si rialza: è da quel dolore che si impara.
«La semplicità è una forma di onestà»
Lei è brand ambassador skincare worldwide di una casa cosmetica di cui, come ha scritto sul suo account Instagram, condivide i valori.
Collistar è un’azienda italiana che ha molto a cuore la sostenibilità. Condivido il loro messaggio pubblicitario che invita le donne a sentirsi se stesse, con semplicità.
Che cos’è per lei la semplicità?
Una forma di onestà: non darei mai a vedere ciò che non sono, anche perché lo faccio già per lavoro, dando vita a personaggi anche molto diversi da me. Però quando la cinepresa si spegne e la vita reale inizia, vorrei che la gente che mi incontra per strada incontrasse proprio me.
«Se non le piaceva una domanda, sorrideva»
Uno dei suoi tratti caratteristici è il sorriso, come lo era per Carla Fracci.
Eppure proprio lei per il film mi ha chiesto di sorridere poco. E ho notato che in tutti i backstage sorrideva pochissimo, perché prendeva seriamente ciò che faceva, e ci voleva una disciplina ferrea per resistere a quegli esercizi estenuanti e dolorosi. Poi, una volta salita sul palco, si trasformava, e si apriva in quel suo sorriso grandissimo. Senza volermi paragonare a lei, che sta su un altro livello, nel mio piccolo lo faccio anche io: prima di cominciare un film sono tesa, seria, studio il personaggio, ma una volta sul set tutta quella preparazione viene dimenticata e inizio a divertirmi. Ho anche notato che quando le facevano delle domande spiacevoli sorrideva e la domanda veniva dimenticata.