Marzia Gandolfi
MyMovies – 10 novembre 2023
La pratica biografica è uno dei grandi fenomeni cinematografici (e letterari) contemporanei. La narrazione di una vita e l’enunciazione di una verità a proposito di quella vita rappresenta anche il cuore del nuovo progetto di Daniele Luchetti. Due anni dopo la morte di Carla Fracci, l’autore pesca nei suoi ricordi di infanzia quel primo incontro causale con l’étoile italiana, avvenuto anni prima a Cinecittà sul set di Verdi di Renato Castellani. L’episodio, introdotto in voce over, è una dichiarazione di intento per il regista che sceglie di ‘dialogare’ idealmente con Carla Fracci. E Carla Fracci gli ‘risponde’ radiosa nelle immagini d’archivio o nei ‘filmini’ di famiglia. Il dispositivo, legittimo ma straniante, è controbilanciato da numerosi interventi che interrompono un dialogo due volte impossibile e contribuiscono alla ricostruzione di un’identità particolare e di una memoria individuale e collettiva, pubblica e privata. Perché Carla Fracci è patrimonio eterno della cultura nazionale.
Una étoile non appartiene totalmente a se stessa, è una fantasia universale, anche quando scende dalle punte dopo una lezione e lega uno scialle di lana intorno ai fianchi.
Anche senza tulle è possibile decretare la bellezza assoluta della ballerina ‘esausta’. La bellezza di un corpo al servizio di se stesso, alienato, abusato e sublimato dalla danza. Un corpo chiuso nelle regole che, dal Rinascimento ad oggi, lo irreggimentano.
Il processo di codificazione, indicato dal titolo, Codice Carla, è un insieme rigoroso di norme e precetti a cui Carla Fracci era votata e a cui Carolyn Carlson si oppone a colpi di improvvisazione. Metà donne e metà boxeur, secondo una definizione celebre di Béjart, le ballerine come Carla apprendono lo sforzo e poi a disfarsene. Quello che resta non è che grazia e leggerezza, un miracolo del corpo, un’apparizione nella luce. Ma soprattutto una leggenda che raccontiamo ancora oggi alle bambine e ai bambini. La guardiamo danzare, parlare o sorridere dietro a un piano a coda o tra le braccia di un partner mentre la musica incatena le formule magiche della danza classica: dall’adagio al développé, dall’arabesque al fouetté… Carla ‘ci parla’ di un mondo sotto una campana di vetro, con codici invariati nei secoli, che produce silhouette con ossa sporgenti, piccoli seni e chignon tirati.
Daniele Luchetti articola quella figura introversa e lontana, quella lingua di gambe e di braccia che non smetterà mai di parlarci, di parlargli. Nel suo film Carla Fracci è bella come un’attrice, nella vita è stata anche un’attrice, una ricercatrice che ha allargato i suoi orizzonti per fuggire forse l’ordine e l’intransigenza della danza classica.
Diviso in capitoli, che dal “corpo” alla “morte del corpo” illustrano la disciplina dell’arte tersicorea, Codice Carla misura la vita della sua musa con le poetiche e le tensioni estetiche di cui Alessandra Ferri o Eleonora Abbagnato, Carolyn Carlson o Marina Abramovic – per citare alcune delle convitate sul palco – sono portatrici sane. Accanto ai volti noti, Luchetti invita i volti cari, Francesco Menegatti, il figlio, e Beppe Menegatti, registra teatrale ma soprattutto consorte amato, oggi inconsolabile e pieno di pudore nel dire l’impossibilità di trovare consolazione dalla sua perdita.
Tra le parole e le immagini, tra le testimonianze e la memoria, fa capolino il miracolo Carla Fracci, bagliore bianco, scultura vivente cantata da Eugenio Montale. In equilibrio su quel luogo segreto e nodoso che erano i suoi piedi attraversa questo ‘techetechetè d’autore’ nutrito dagli archivi RAI. Ma per mettere in scena il mistero della creazione probabilmente ci vorrebbero ancora Powell e Pressburger. Crogiolandosi nel puro commento e privilegiando la testimonianza, a discapito dello slancio e del movimento, Codice Carla non si allontana troppo dai documentari biografici contemporanei, genere ingrato soprattutto per la sua difficoltà ontologica ad elevarsi all’altezza del suo modello. L’approccio resta didattico, informa ma non ‘incarna’ la poesia che fu Carla Fracci.