di Chiara Maffioletti | Il Corriere della Sera | 19 dicembre 2019
«Sono convinta servisse raccontare l’Italia dal punto di vista di chi passa la vita a descriverla». Ed è con questa tenace convinzione che Camilla Baresani si è aggrappata alla sua idea, non demordendo anche quando sembrava difficile che la sua trasmissione «geo-letteraria», come la definisce, vedesse la luce. Dopo qualche anno di attesa, finalmente succederà: «Romanzo italiano» sarà in onda dal 21 dicembre, ogni sabato alle 18, su Rai3. «Mi dicevo: come è possibile che gli scrittori contemporanei non trovino mai spazio in tv? Se ne vedono solo alcuni e solo in qualche talk, dove generalmente si chiede loro un’opinione su un politico o su una manovra economica. Eppure, sono gli scrittori, attraverso i libri, che raccontano l’Italia, che ne fissano l’immagine, che la descrivono».
Ed è questo che la scrittrice ha chiesto di fare a molti dei suoi colleghi, chiamati a spiegare la loro regione d’Italia del cuore, accompagnati da Annalena Benini, guida del programma. «Otto puntate che sono poi una mappatura delle regioni italiane e degli scrittori italiani attivi: ci sono praticamente tutti. Veronesi, Scurati, Avallone, De Silva, Piccolo, Giordano…». La prima gioia è stata vedere l’entusiasmo con cui tutti hanno sposato il progetto: «Mi ha colpito che nomi veramente importanti, con il tempo contato, abbiano dato piena disponibilità». Segno che forse un luogo come questo in tv per loro davvero mancava.
«I talk sono ormai mangiati da politici e giornalisti propensi alla lite e all’insulto — riprende Baresani —. Uno scrittore di suo è abituato a ragionare, ad articolare un discorso in due frasi, magari senza offendere nessuno… questo, forse, non è televisivo». Eppure, ora lo sarà. «Se questa mia idea è diventata reale è grazie a mio marito (Paolo Giaccio, autore e dirigente Rai), che purtroppo a luglio è mancato. Mi ha sempre spronata a insistere fino a che ho conosciuto questa giovane produttrice, Gloria Giorgianni, che con la sua società Anele non si è data per vinta finché ci hanno detto sì». Come mai è stato tanto difficile? «Nessuno ha detto che non era una buona idea, ma semplicemente nessuno iniziava poi a svilupparla. E ogni incontro finiva nel nulla. Per tre anni ho bussato a tutte le porte della Rai, finché sono arrivata a quella giusta».
Lei non comparirà in video, «sarebbe stato kitsch, dal momento che sono l’autrice», ma se fosse stata tra i protagonisti avrebbe raccontato Milano. «Anche se sono di Brescia, il mio luogo è Milano. Quando viaggio, per capire come è davvero un posto leggo dei libri che sono ambientati lì. Penso che la letteratura resti la principale guida, anche per documentarsi. È forse per questo che quando ho avuto questa idea ho pensato subito alle Teche Rai, di cui sono appassionata. Sono un archivio che permette di studiare la storia, anzi le storie del nostro Paese. Ecco, penso che ora potrebbero includere anche le testimonianze degli scrittori che abbiamo raccolto. Sono puntate da collezione. Abbiamo realizzato un bellissimo catalogo».
Ora però bisogna attendere il riscontro del pubblico. Il primo confronto con le logiche crude della tv: ansia? «Per fortuna da questo punto di vista sono pulita come un bebè. Mio marito ha fatto 45 anni di Rai: lui era la tv, io i libri. Mi diceva sempre: quelli che vanno in video sviluppano una malattia e poi c’è quella che viene anche agli altri, legata agli ascolti. Ecco, io ancora non ce l’ho ma mi rendo conto sarà importante. Soprattutto perché, se il programma andrà abbastanza bene, potremo proseguire con gli scrittori che ancora mancano».